Storie sommerse

Alti e bassi del Lago di Lucrino

Situato nella zona dei Campi Flegrei – area che coincide con il profilo di una grande caldera in stato quiescente nota, fin dai tempi antichi, per la sua vivace attività vulcanica – Lucrino è ora un lago che si sviluppa parallelamente alla costa del Golfo di Pozzuoli. Ma non è stato sempre così.

Campania

Lago Averno

 

Lucrino deve il suo nome nientemeno che al mero profitto (lucrum) tratto dal senatore romano Sergio Orata che qui aveva installato, nel 90 a.C., prolifici allevamenti ittici e di mitili, diventando uno degli uomini più ricchi dell’epoca. A quell’epoca, infatti, il lago appariva più o meno come oggi, ovvero separato dal mare da un sottile istmo, formatosi grazie ai sedimenti accumulatisi.
Secondo la mitologia, la creazione della sottile striscia di terra si deve invece a Eracle che, tornando in Grecia con i buoi rubati al mostruoso gigante a tre teste Gerione, ebbe bisogno di una via per condurli. Per conquistarli, non solo aveva sconfitto il gigante, ma anche il cane a tre teste Otro e il semidio Euritione. Era la sua decima fatica: a lui fu dedicata la strada che venne costruita proprio sull’istmo, la via Herculea o via Heraclea.

Su e giù

La zona, sebbene fosse riparata e perfetta per avere il controllo del golfo, era però soggetta ai tiri sinistri del mare. O meglio, il bradisismo che interessa la zona – che comporta un periodico abbassamento o innalzamento del livello del suolo – ha lasciato ampio spazio di manovra al mare che, nel tempo, è irrotto nel bacino diverse volte. Nel I secolo a.C., per esempio, danneggiò gli impianti ittici al punto che gli allevatori chiesero a gran voce al Senato di intervenire; la risposta consistette nel restauro e nell’innalzamento dell’istmo, opere lodate persino da Virgilio.
Nel 37 a.C., durante la guerra navale tra Ottaviano e Sesto Pompeo, Marco Vipsanio Agrippa decise di sostenere il primo installando, nella parte destra del Lago di Lucrino, così come in quello d’Averno, un porto militare – il Portus Iulius. Per permettere alle navi di accedervi, realizzò un canale di 300 metri attraverso la via Herculea, la cui viabilità venne comunque garantita da un ponte ligneo mobile. Tale opera di ingegneria navale e miliare, però, ebbe vita breve: il lago di Lucrino, assalito continuamente dal mar Tirreno, è soggetto a insabbiamento, e risultò presto inadatto alle grosse galee militari – spostate poi nel lago di Miseno. Gli impianti, comunque, continuarono a essere utilizzati per scopi civili e commerciali.
Tali cambiamenti geologici portarono persino alla sommersione della via Herculea: non fatevi ingannare dalla strada odierna che fende l’istmo, in quanto l’antica via è quella che si intravede, nei giorni di mareggiata o dalle fotografie aeree, circa 400 metri più a largo, a una profondità di quattro metri.
In epoca altomedievale, addirittura, il lago scomparve; ancora nel 1341, Boccaccio – in visita presso re Roberto d’Angiò – notava che le onde agitate del mare irrompevano sì in un lago, ma in quello d’Averno, posto a poco meno di un chilometro alle spalle del primo. La cosa continua almeno fino al 1500, risultando il lago null’altro che una profonda insenatura marina tesa a lambire il lago d’Averno. Tuttavia, nel 1538, un’eruzione vulcanica cambia ogni cosa: sorge ex novo in Monte Nuovo e il lago subisce un drastico ridimensionamento, avvicinandosi all’estensione che lo identifica ancora oggi. 

 

Fangaia Stufe di Nerone

Vulcanismo e fonti termali

Zona travagliata dal vulcanismo, i Campi Flegrei erano considerati l’anticamera dell’Ade e costituiva, fin dal tempo dei Romani, una rinomata zona di villeggiatura, proprio grazie alle numerose sorgenti termali che vi fiorivano. Utilizzate fin nel Medioevo e nel primo Rinascimento, tali sorgenti vennero in larga parte distrutte dall’eruzione che portò alla nascita del Monte Nuovo. Ancora oggi vengono usate numerose strutture dell’epoca: nella zona chiamata Stufe di Nerone, situata ai piedi del Monte delle Ginestre, gli amanti del calore usufruiscono ancora gli ambienti delle saune e una fangaia circolare all’aperto. Vi è poi il lo Scoglio, nel Lido Nerone, dove è possibile immergersi nelle acque bollenti di alcune vasche situate sulla spiaggia.  
Ma le sorprese non finiscono qui: l’antico laconicum (sauna) realizzato dai Romani nella collina tufacea di Tritoli – conosciuto nel medioevo come Sudatorium Trituli o Sudatorium Magnum – è occupato abusivamente da persone che, rifugiatesi qui durante il Secondo Conflitto Mondiale, ne hanno fatto la loro dimora. Le stanze rettangolari, collegate da diversi cunicoli che penetrano per circa ottanta metri all’interno della collina, vengono altresì scaldate, durante il periodo invernale, dalle esalazioni provenienti dalle viscere della terra. Sembra di leggere nientemeno che Strabone, il quale racconta che i Cimmeri vivevano in case sotterranee collegate fra di loro da gallerie, dove accoglievano anche gli stranieri che arrivavano per interrogare l’oracolo dei morti, situato sotto terra. Sembra che proprio grazie all’oracolo essi traessero il proprio sostentamento –  con una tariffa per le consultazioni fissata dal loro re o, più probabilmente, nutrendosi di parte delle carni degli animali sacrificati alla divinità ctonia.


Laureata in Lettere Moderne e in Informazione, Editoria e Giornalismo, è appassionata di letteratura contemporanea, scrittura, fumetto e nuovi media. Collabora come editor per diverse case editrici romane e come articolista per testate online.