Vicia Faba Major

Un Presidio Slow Food dalle incredibili proprietà

Una coltivazione unica, propria dei terreni argillosi e calcarei del promontorio del Gargano che, pur con dimensioni contenute, restituisce un prodotto dalle caratteristiche organolettiche incredibili.

fave

Fave e cicorie, foto by Foggia Today

 

Carpino, comune di 4.130 abitanti appollaiato sul lago di Varano, è divenuto famoso a livello nazionale per aver dato i natali – e il nome – a un piccolo e prelibato legume, in tempi recenti divenuto Presidio Slow Food protetto dal Parco Nazionale del Gargano.
La fava di Carpino, seminata tra ottobre e novembre, è coltivata con metodi necessariamente biologici: non necessita, infatti, né di trattamenti – le erbe infestanti si tolgono a mano – né di concimazione, rilasciando essa stessa azoto nel terreno. La coltivazione di questo prezioso quanto raro legume si compie in rotazione al grano duro, alle barbabietole da zucchero, ai pomodori e ai lupini; un tempo era coltivata anche in altre zone del bel promontorio pugliese ma, dopo essere stato soppiantata dalle patate, la sua produzione è andata scemando, tanto da rischiare l’estinzione. Quella che un tempo era la bistecca dei contadini, rischiava di estinguersi, perché caratterizzata da un processo troppo laborioso e da una resa non adatta ai ritmi del XX secolo – attualmente il baccello produce 4-5 semi, ma la coltivazione si limita ad appezzamenti di ½ ettaro, per un totale di 300 q l’anno.

La raccolta

Dopo essere sopravvissuto grazie a due impavidi contadini, questo legume è oggi protetto dall’associazione Slow Food, la quale preserva anche la sua particolare raccolta, identica a quella di secoli fa. Tra giorno e luglio le piante, ormai ingiallite, vengono falciate a meno e raccolte in covoni, chiamati manocchi. Mentre questi si asciugano sotto all’impietoso sole pugliese, i contadini predispongono una zona in cui lavorarli: dopo aver bagnato e ricoperto il terreno di paglia, lo si pressa, creando uno strato duro chiamato arij. La forma è obbligatoriamente circolare: un contadino, in luglio, farà camminare in cerchio due o più cavalli, in modo che con i loro zoccoli schiaccino i manocchi. Questa fase, detta della pesa, si conclude con la separazione delle verdi fave dalla paglia tramite delle forche, e con la sua completa eliminazione tramite pale di legno che, sollevandola, le permettono di essere trasportata via dalla brezza.

 

Fase della pesa, foto di Domenico Sergio Antonacci

Panacea contro i mali

Ma ciò che ha reso la fava di Carpino un prodotto che valeva la pena continuare a coltivare sono le sue proprietà nutrizionali. Ha infatti un alto contenuto di proteine, ma anche di carboidrati, sali minerali, vitamine e fibre – queste ultime contenute più che mai nella sottile buccia. Il valore calorico è ridotto e sembra che siano particolarmente adatte in concomitanza di terapie per il morbo di Parkinson. Ma la saggezza degli abitanti di Carpino li aveva portati a riconoscerne le proprietà senza le moderne analisi: sembra che le fave secche, se ingerite, fossero un ottimo aiuto per l’acidità di stomaco. Non è un caso che persino Samantha Cristoforetti abbia portato con sé nello spazio il prezioso legume.
Tenera e saporita, la fava con la fossetta si cuoce tradizionalmente nel camino su pignatte di terracotta, ma si presta anche a ricette più innovative: si pensi alla al pesce, o alla pasta, o ancora alle fae’ e fogghie, ovvero alla purea di fave con cicoria bollita.

 


 

Laureata in Lettere Moderne e in Informazione, Editoria e Giornalismo, è appassionata di letteratura contemporanea, scrittura, fumetto e nuovi media. Collabora come editor per diverse case editrici romane e come articolista per testate online.