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Convegno Internazionale dei Laghi: Il lago come bene comune

Le giornate del 16 e del 17 giugno 2016 hanno visto il Dipartimento di Scienze Politiche dell’Università degli Studi di Perugia divenire la cornice prescelta per il Convegno Internazionale dei Laghi. Il cappello, la cui

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Le giornate del 16 e del 17 giugno 2016 hanno visto il Dipartimento di Scienze Politiche dell’Università degli Studi di Perugia divenire la cornice prescelta per il Convegno Internazionale dei Laghi.
Il cappello, la cui falda è stata tesa ad unificare tutti e dieci gli interventi in programma, aveva nome di “Un bene comune: i laghi tra complessità passate e prospettive future”.
Un concetto evanescente, quello di bene comune. Tuttavia, proprio per questo, analizzabile da diversi punti di vista. È su questo approccio multidisciplinare che si è basato il convegno coordinato da Manuel Vaquero Piñero e Alessandra Valastro: una discussione tesa a indicare vie di sviluppo future, senza dimenticare di analizzare la situazione attuale secondo una prospettiva diacronica.
Durante la prima giornata sono stati analizzati diversi laghi, accomunati dal fatto di aver seguito uno sviluppo tale da presentare una situazione attuale molto simile, sia dal punto di vista culturale, sia da quello ecologico.
La situazione italiana è stata rappresentata dai grandi laghi alpini dell’Italia settentrionale: Como, Iseo, Garda, Ceresio e Maggiore, dei quali sono stati analizzati i cambiamenti sulla base degli sviluppi economici, logistici e produttivi. Il periodo di riferimento è quello del passaggio dall’età moderna a quella contemporanea, in modo da evidenziare come il cambiamento delle attività umane abbia, in qualche modo, influenzato non solo l’ecosistema lacustre, ma anche l’immagine che del lago hanno coloro che vi transitano. Basti pensare alla trasformazione subita dai laghi lombardi, un tempo luoghi di produzione e di trasporto di merci adeguatisi poi alla richiesta turistica, con le “ville di delizia” prima e con le seconde case, proprie del turismo di massa, poi.
Stesso discorso è stato fatto per i Grandi Laghi degli Stati Uniti e per i cosiddetti “Grossi Laghi” del Canada, emblematici per la loro situazione attuale, frutto delle trasformazioni e dello sfruttamento cominciati fin dall’età amerindiana e perpetratisi fino ai giorni nostri.
Un legame, quello tra uomo e qualità delle acque, che è stato messo in risalto da diversi interventi srotolatisi lungo il corso dell’intera giornata. Sono stati infatti esplicitati degli incontrovertibili legami di causa-effetto tra l’azione dell’uomo e la qualità delle acque del lago, passando però per la questione del cambiamento climatico. In questo senso, sembra che l’innalzamento della temperatura dell’acqua e la maggiore frequenza di eventi atmosferici estremi –fattori eminentemente attribuibili al clima- possano agire in maniera sinergica con l’uomo, portando all’aumento della concentrazione di inquinanti e nutrienti.
Un progetto dal respiro europeo, EULAKES, ha proprio preso a campione quattro laghi dell’Europa centrale –Garda, Balaton (Ungheria), Charzykowskie (Polonia) e Neusiedl (Austria)- per studiarne la qualità ambientale e per poi mettere, attorno allo stesso tavolo, scienziati, autorità locali e stakeholders. L’obiettivo è chiaramente quello di definire delle strategie di sviluppo sostenibile sulle linee guida di un’ecologia del ripristino, a sua volta fondata sullo studio dei sedimenti, una sorta di cronistoria della vita del lago in grado di fornire informazioni di carattere geochimico, biologico e biochimico.
A conclusione della giornata è stato infine presentato il volume Ambiente e pubblica felicità tra idee e pratiche – Il caso del Lago Trasimeno, nato con un intento esplicitamente interdisciplinare e teso a mostrare l’evoluzione dell’interazione tra uomo e natura legato a un caso specifico, quello del Lago Trasimeno.
La seconda giornata, quella del 17 giugno, ha avuto un’impronta più tecnica, quasi da “addetti ai lavori”, in quanto si è concentrata in particolar modo sul discorso che dà nome al convegno, ovvero quello del lago come bene comune.
Dal punto di vista giuridico e amministrativo, tale definizione pone diversi ordini di problemi, di cui si è cercato di dare una lettura obiettiva basata su una prospettiva in parte diacronica, in parte sincronica. Si è giunti infine alla conclusione che l’unico approccio che, al momento, non pone particolari rischi a lungo termine è la pratica dell’amministrazione condivisa. Gli oneri e onori saranno dunque spartiti tra l’amministrazione pubblica e la cittadinanza attiva, al fine di valorizzare in modo diretto il ruolo dei cittadini senza però disconoscere quello di coordinamento e di garanzia che appartiene alle istituzioni pubbliche.
L’obiettivo non è tanto quello di agire in una logica proprietaria, quanto quello di fruire il bene secondo una prospettiva funzionale al benessere del cittadino. Appositi regolamenti, come quello stilato da Labsus, disciplinano proprio la gestione condivisa dei beni comuni.
I dibattiti sono stati forse uno dei momenti più interessanti dell’intero convegno: in particolar modo, quello avvenuto alla fine della seconda giornata, ha visto diversi rappresentati di enti, amministrazioni, aziende e associazioni impegnati in una discussione sulle diverse situazioni di cui erano portavoce, al fine di porre la propria esperienza sotto la lente della conoscenza comune.

di Eleonora Cesaretti


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