L’eterno ritorno del torciglione
Il dolce di Capodanno del Lago Trasimeno
Un dolce, dalla forma di serpente – o forse di anguilla – tipico delle festività umbre, ma che nasconde origini… poco ortodosse.
La maggiore ricchezza del lago, almeno in passato, era la quantità di pesce che poteva garantire. Nel periodo natalizio, quello che maggiormente era – ed è apprezzato ancor oggi – è l’anguilla, o meglio, gli esemplari femminili dell’anguilla: i capitoni. Nei secoli passati, quando la povertà affamava la maggior parte del popolo, poter consumare un’anguilla – pesce ricco e grasso, estremamente nutriente per quelle famiglie indebolite dall’inverno – rappresentava il vero significato della festa. La celebrazione religiosa cristiana finiva ancora una volta per fondersi con retaggi pagani legati all’abbondanza, alla propiziazione e alla natura ciclica delle stagioni. Non sembra così assurda allora l’ipotesi che, da questa associazione di idee, sia nato un dolce, prettamente natalizio, composto da ingredienti ricchi, preziosi e nutrienti, e dalle simboliche sembianze di un serpente: il torciglione umbro.
Basta che non sia carne
Divenuto ormai il simbolo delle feste di fino anno in tutta la regione, questo serpente di pasta di mandorle nasce nei pressi del Lago di Chiusi e poi, per la vicinanza, si diffonde in tutta la zona del Lago Trasimeno. Una curiosa storiella vuole che il dolce sia nato in occasione della visita dei prelati del papa all’Isola Maggiore, sul Lago Trasimeno. Era un venerdì, e i santi uomini avrebbero dovuto mangiare di magra, se non fosse stato per una gelata che aveva impedito la pesca. Le donne decisero allora di offrire loro un pasto che avesse solo la forma di un pesce, ma che fosse al tempo stesso degno dei ministri di Dio. Sembra che così sia nato il torciglione che, da serpente, diventa indubitabilmente un’anguilla che, oltretutto, è considerata propiziatoria proprio per la pesca.
La ciclicità delle cose
L’origine controversa di tale preparato, tuttavia, è dimostrata anche dai significati simbolici che questo animale serpentiforme racchiude: alcuni studiosi sostengono che le popolazioni del Trasimeno fossero solite preparare un dolce votivo, con pinoli e miele, per il solstizio d’inverno, simbolo dell’anno che muore e rinasce. In tal senso, il torciglione del lago è molto vicino all’uroboro, il serpente/drago che, mordendosi la coda e formando un cerchio senza inizio né fine, simboleggia la natura ciclica delle cose, come pure l’eternità, l’eterno ritorno e, in un certo senso, l’immortalità e la perfezione.
Anguilla o serpente?
Stessi significati conferiti tradizionalmente al serpente, il cui veleno non è solo capace di uccidere, ma anche di guarire e donare una coscienza espansa, mentre la pelle, rinnovandosi, si pone come sigillo di rinascita perpetua, tesa all’immortalità.
Senza contare le scaglie di pinoli, la lingua di mandorla e gli occhi di chicchi di caffè o di ciliegie candite: tutti ingredienti difficili da trovare ma estremamente prelibati, una vera e propria tentazione come l’animale serpentiforme che vanno a ricreare, molto simile al serpente dell’Apocalisse, demonio dagli occhi di bragia (per citare Dante Alighieri) che, solo una volta tagliato – e mangiato! – potrà essere sconfitto.